The Open Gaze

“Edschmid afferma che inserisco miracoli in avvenimenti comuni. È un grave errore da parte sua. Le cose comuni sono per se stessi miracoli. Io non faccio che registrarle. Può anche darsi che io illumini un pochino le cose come fa l’operatore delle luci su un palcoscenico semibuio. Ma non è esatto. In realtà il palcoscenico non è affatto buio, è inondato dalla luce del giorno. Perciò gli uomini chiudono gli occhi e vedono così poco.”
( F. Kafka, ” Diari”)

Quest fotografie sono squarci visivi all’interno del palcoscenico della visione, in cui l’esercizio fotografico si cimenta nel compito più difficile, mostrare quello che è già in mostra, illuminare ciò che è già illuminato, con l’intento di esprimere e rivivere il senso dello stupore originario di fronte alle cose.


“Edschmid states that I insert miracles into common events. This is a serious mistake on his part. Common things are themselves miracles. I merely record them. It may well be that I illuminate things a little bit as the light operator does on a half-dark stage. But that is not accurate. In fact, the stage is not dark at all; it is flooded with daylight. Therefore men close their eyes and see so little.”
( F. Kafka, ” Diaries”)

These photographs are visual glimpses within the stage of vision, in which the photographic exercise engages in the most difficult task, to show what is already shown display, to illuminate what is already illuminated, with the intention of expressing and reliving the sense of original awe before things.